Programma d'agglomerato del Luganese di quinta generazione (PAL 5)

Presa di posizione di PRO VELO Ticino

Presa di posizione riguardo al Programma d’agglomerato del Luganese di quinta generazione (PAL 5)
 

1. Premessa

La presa di posizione che segue non entra nel merito del Programma d’agglomerato (PAL 5) nel suo complesso ma ha per oggetto unicamente la strategia e le misure riferite alla mobilità ciclistica e alle componenti del traffico che più o meno direttamente la riguardano. PRO VELO Ticino, presente a due delle tre serate di presentazione, come già dichiarato in quelle occasioni, non può che esprimersi in modo critico a proposito della situazione generale in cui si trova il Luganese, dei ritardi accumulati nella realizzazione dei progetti e della ridotta incisività degli interventi prospettati. Considerando che, come viene ammesso nel Programma stesso, “sono attualmente poche le infrastrutture adatte all’uso della bicicletta in maniera sicura e confortevole”, che “solo l’1% degli itinerari risulta essere infrastrutturato tramite piste ciclabili” (p. 79 del Rapporto esplicativo), che sono “eccessivamente limitate le misure per contenere il traffico”, (p.15) che la quota degli spostamenti in bicicletta “nell’agglomerato luganese” si limita “al 2-3%” (p.82) si  sarebbero auspicati interventi e progetti di ben altra portata. Questo se non altro per provare a smarcarsi dalla scomoda posizione di fanalino di coda tra le città svizzere (e non solo) nonché di detentore di non invidiabili primati per quanto invece riguarda la mobilità motorizzata.

 

2. Introduzione

Dopo le carenze riscontrate nei primi due Programmi d’agglomerato, la successiva bocciatura da parte dell’ARE del PAL 3, il recupero a posteriori di quest’ultimo in sede politica e la mancata presentazione di un PAL 4, era prevedibile che per la recente presentazione del PAL 5 ci fosse una certa attesa.

C’era attesa anche perché il PAL 3 bocciato dalla Confederazione nel 2018 – proponendo in buona parte misure non implementate nei precedenti Programmi e una richiesta di finanziamento inferiore ai 4 milioni di franchi - si era dimostrato ben poco ambizioso. Poca ambizione che peraltro paradossalmente potrebbe anche essere stata all’origine della sua riammissione al finanziamento insieme agli altri 3 Programmi bocciati (sui 36 presentati): a scopo di incoraggiamento (un anno prima delle elezioni…) e per dare una spinta ai Programmi successivi, per i quali, comunque, “la raccomandazione” alla fine della disamina era stata “di ovviare ai punti deboli elencati”.

Con queste premesse, per l’elaborazione delle misure da inserire nel PAL 5 ci si poteva perlomeno attendere, come è stato il caso per gli altri PA presentati nel Cantone, un coinvolgimento delle associazioni e dei portatori di interessi attivi sul territorio. O almeno di quelli con il focus posizionato nei settori di intervento più deficitari. Sarebbe stata l’occasione di riprendere così anche esigenze e spunti “dal basso”, ciò che poteva permettere una migliore calibrazione degli obiettivi e/o una migliore individuazione delle misure.

Le tre serate di presentazione hanno anche evidenziato che quello luganese è l’unico programma d’agglomerato dove il Cantone non è ufficialmente coinvolto. L’idea che ne risulta è che il PAL 5 - a differenza degli altri Programmi, concepiti e sviluppati cercando sinergie e ottimizzando gli interventi - viene consegnato ai servizi cantonali “a scatola chiusa”, o quasi. Una scelta che sembra d’altra parte trovare riscontri anche nelle misure proposte (o in quelle non proposte) e che potrebbe costituire un primo tassello in vista di un’ulteriore bocciatura.

 

3. Il PAL 3 e le richieste dell’ARE

Con un PAL 3 caratterizzato da una “efficacia troppo limitata”, a cui “manca una visione multimodale” e in presenza di “una mobilità dell’agglomerato luganese che resta fortemente focalizzata sul trasporto individuale motorizzato”(p.6), in un contesto in cui oltretutto “il traffico lento non è affrontato con particolare attenzione” e “la sicurezza non rientra in nessuna strategia specifica o sistematica” per l’ARE la situazione richiederebbe interventi ben definiti nelle tempistiche, efficaci e incisivi. Questo anche perché nel programma di terza generazione “l’attuazione delle misure infrastrutturali (…) non è progredita in modo sufficiente” e “non vengono fornite sufficienti spiegazioni dettagliate in merito ai ritardi, in particolare per la strategia traffico lento (lista A)” (p.15). A proposito di quest’ultima, inoltre, “manca un’analisi dettagliata dei deficit della rete ciclabile” e “non si fa riferimento a nessuna visione a medio termine” (p.14).

Del tutto sorprendenti, dopo questa carrellata di commenti da parte del DATEC, le dichiarazioni dell’allora presidente della CRTL Giovanni Bruschetti, a Berna per negoziare un recupero del finanziamento del PAL 3: “documenti alla mano possiamo dire che il nostro Programma d’agglomerato è stato giudicato in modo tutt’altro che negativo” (CdT del 9.4.2018). Visti i commenti dell’ARE a motivazione della bocciatura, non si può che concludere che perlomeno la mobilità ciclistica e un aumento della sua quota modale, ora ridottissima, per la CRTL non hanno rivestito alcun interesse.

 

4. Il PAL 5 e i vincoli della nuova Legge sulle vie ciclabili

Da quanto si può dedurre, al PAL 5 erano richiesti – visto anche il beneficio conferitogli dalla rinuncia alla presentazione di un programma nella generazione precedente – una serie di requisiti e di prerogative che rimettessero in carreggiata i progetti di mobilità dell’area luganese nel loro complesso. Proponendosi, per cominciare, obiettivi di quota modale, dove si tratta di specificare di quanto si vuole ridurre l’utilizzo dell’automobile e aumentare quello della bicicletta e del trasporto pubblico. Il PAL 5 è invece l’unico che non ha obiettivi chiaramente definiti per l’orizzonte temporale di riferimento (2040). Questi figurano infatti solo seminascosti in alcune schede. Sorge quindi la domanda: la riduzione dell’uso dell’automobile è un proposito concreto o solo un indefinito auspicio? La domanda sorge anche perché le misure proposte assomigliano più a una serie di “desiderata” poco strutturati che a progetti in procinto o con l’ambizione di diventare esecutivi, a una “lista della spesa” con costi spesso molto elevati e senza un’apparente chiarezza nella scelta delle priorità degli interventi.

Per quanto riguarda la mobilità ciclistica, l’indicazione fornita nel documento è che ogni itinerario proposto quale prioritario – pochi, a dire il vero, solo cinque - “necessita di precisi approfondimenti, al fine di verificare le tipologie di infrastrutture esistenti, se esistenti, e se conformi rispetto alla gerarchia definita; se così non fosse sarà necessario intervenire per adeguare l’infrastruttura” (p. 156 Schede). Inevitabili, a questo punto, altre domande: ma in questi ultimi anni, visto che le misure figuravano già nei precedenti programmi, cosa si è fatto?

E poi: dato che la nuova Legge federale sulle vie ciclabili, entrata in vigore all’inizio del 2023, impone a cantoni e comuni di pianificare una rete ciclabile efficiente e sicura entro il 2027 e di realizzarla entro il 2042, come si ritiene di poter rispettare queste tempistiche? E, per esemplificare: come ci si propone di poter assecondare le richieste delle nuove normative considerando che, secondo la lista proposta, non vi è alcun progetto di collegamento con la stazione di Lugano che possa definirsi concreto, se non quello proveniente da Massagno? Che addirittura nel secondo tunnel (Genzana) che verrà realizzato accanto a quello di Besso (dove, come sappiamo, non c’è nulla) non è previsto uno spazio dedicato alle biciclette? O che al momento non vi è alcun vero progetto per collegare la stazione stessa con la città, né uno con lo sguardo rivolto a sud per raggiungere Paradiso attraverso Loreto? Tutto questo quando l’ARE per il PAL 3 aveva già “rilevato un mancato trattamento dei comparti attorno alle stazioni” (p. 14).

Considerando quindi che la stazione di Lugano si ritrova gli accessi in bicicletta fra i più problematici in Europa, il commento nelle Schede (p. 140) ancora una volta riesce a sorprendere: l’accesso da Massagno – l’unico che perlomeno è classificato in priorità A - sarebbe una misura che “fa parte NEL sistema ciclopedonale che completa ed amplia i percorsi attorno alla stazione FFS di Lugano”.

Altre considerazioni le meriterebbero gli articolati interventi proposti dallo Studio CITEC (presentato nel 2017) o i progetti non ancora realizzati pur potendo contare su “un contributo federale forfettario di 5 milioni”. Un esempio che riguarda entrambi è il collegamento - di poco più di un centinaio di metri e finanziato per quasi un milione - tra Via Ronchi e Via Ronchetto. Esso permetterebbe un accesso su strade di quartiere tra la zona dello stadio e la stazione. La tabella 36 a p. 165 indica, a proposito di quest’ultimo: “2021 in esercizio”. Domanda: in che senso, visto che 3 anni dopo di un cantiere non vi è ancora neanche l’ombra (ma solo quella di qualche albero)?

 

5. Le considerazioni e le valutazioni delle schede sono un buon punto di partenza?

Oltre alle domande a proposito della mancata realizzazione delle infrastrutture previste nei programmi precedenti e alla scarsità delle misure previste in quello attuale, sembrano essere purtroppo pertinenti anche quelle che ci si può porre riguardo alle basi sulle quali dovrebbero poggiare gli interventi programmati. Il fatto, a questo proposito, che si parta spesso da valutazioni e classificazioni iniziali approssimative - e diverse volte anche errate - non aiuta di certo l’implementazione delle misure da adottare.

Limitiamoci, per brevità, a considerare quali esempi le schede preparatorie degli interventi per i tratti 6-9 a p.163, mantenendo il focus nel comparto di Molino Nuovo. (In una pianura del Cassarate dove peraltro avrebbe dovuto essere realizzata anche una nuova passerella sul fiume, prezioso collegamento a filo della strada tra Via Ferri, le scuole medie di Viganello e i percorsi ciclabili verso la collina). In queste Schede si può leggere, a proposito del tratto 7 che collega Lugano centro con Cornaredo, peraltro “identificato come asse principale dedicato alla mobilità quotidiana”: “il sottotratto 7a, indicativamente da inizio tratto in via Pretorio SIANO a viale Franscini intersezione con via Zurigo risulta attualmente infrastrutturato tramite delle corsie del bus condivise in cui è permesso il transito dei velocipedi”. Peccato che questo sia possibile solo in una direzione, quella contraria, mentre verso nord neanche la parallela Via Maderno dispone di una corsia ciclabile. Per il tratto successivo 7c, “da Piazza MULINO” (verosimilmente da piazza Molino Nuovo) perlomeno si riconosce che “il transito dei velocipedi” è permesso “solo direzione nord-sud”. Rimane - quindi e comunque - irrisolto il problema come nel tratto precedente. Il “sottotratto 7d, indicativamente dall’incrocio tra via Trevano e via Beltramina sino allo stadio di Cornaredo è attualmente infrastrutturato tramite delle corsie del bus condivise in cui è permesso il transito dei velocipedi (solo direzione nord-sud)”. Peccato che di corsie del bus, per oltre metà di quella tratta non ve ne siano, visto che iniziano solo a nord del cimitero (e a sud di Via Beltramina). 

Poco più in là, lungo il Cassarate tra Viganello e Pregassona, ci ritroviamo sul tratto 8.  Qui, “da via la Santa a via Fola, lungo il fiume, è una pista ciclopedonale bidirezionale asfaltata separata” (8b). Se è difficile capire cosa si intenda per separata, quel che è certo è che il tratto in asfalto (150 metri) termina alla fine del piazzale davanti alla SUPSI. Via Fola si trova 700 m più a nord. Il segmento successivo, “sottotratto 8c, indicativamente tra via Fola e via della Bozzoreda lungo il fiume, è una pista ciclopedonale bidirezionale non asfaltata separata”. Chiamare “pista ciclopedonale” una tratta che a malapena consente (e in alcuni tratti non lo consente) l’incrocio tra un passeggino e una bicicletta pare a dir poco avventato. Qualcuno potrebbe anche ritenere che classificare, almeno fino al ponticello sul Cassone, quel tratto come “ciclopedonale” sia una vergogna. Nell’Amministrazione comunale c’è chi deve essersene reso conto: anche con una città tappezzata recentemente - pure sui percorsi più inverosimili - con cartelli indicatori di destinazioni ciclistiche, si è infatti rinunciato a veramente indicarla (c’è un’indicazione ambigua non visibile da chi proviene dal lungofiume). Anzi, si è addirittura scelta, come alternativa, la trafficatissima via Ceresio che è - per chi pedala in direzione nord nella parte in salita – uno dei tratti di strada più disagevoli e pericolosi dell’agglomerato. Tutto ciò in un comparto urbano (che ha il perno in Via Industria) fittamente edificato, e che come diversi altri non dispone ancora, ricordiamolo, di un vero collegamento ciclabile.

Più imprecisa ancora è la descrizione del tratto 9. Un esempio: “Sottotratto 9b indicativamente dall’incrocio tra via Capelli e via Castagnola e via Guggirolo intersezione con via Pazzalini e via de Sole è attualmente sprovvisto di infrastruttura”. (… la ricerca delle vie è a beneficio del lettore.)

 

6. L’ottimismo, nonostante tutto

Nonostante che lungo diversi assi principali, come abbiamo visto con alcuni esempi, siano assenti collegamenti sicuri e non corrisponda al vero che vi sia “nell’area urbana di Lugano una rete di percorsi sufficientemente densa” (p.109 R.E.) molti indicatori, almeno secondo gli estensori del PAL 5, indurrebbero all’ottimismo. Fino a stupire: nelle Schede a pag. 167, ad esempio, si preconizza - per rendere praticabile il progetto di un tram che raggiunga Cornaredo senza essere “ingessato” dal traffico motorizzato - addirittura “una ripartizione tri-modale con quote del 21% per il TP, del 50% per il TIM e del 29% per la ML” (!!!). “Infatti” si spiega (come anche a p.142 del R.E): “solo riducendo la componente del traffico individuale è possibile garantire un ottimo sfruttamento della seconda tappa della RTTL e adeguata velocità commerciale”. Vi è quindi “la necessità di intervenire a vantaggio di forme alternative di mobilità (TP e ML)”.

Per arrivarci viene anche proposta uno specchietto di misure più che sensate e che certo potrebbero contribuire non poco a diminuire la quota del TIM. Mobilità individuale motorizzata che, come si ammette nel R.E., invece di diminuire dal 75 al 70%, come enunciato tra gli obiettivi del PAL 3, è addirittura aumentata all’82% (p.26).

Tra le incisive misure proposte per “limitare l’utilizzo del veicolo privato” vi sono la diminuzione dell’offerta di parcheggi, l’aumento delle loro tariffe, la riduzione dello spazio riservato a strade e parcheggi, la riduzione delle velocità di cartello e la limitazione della priorità rispetto agli altri utenti. Usando tutte le cautele per non spaventare qualche lettore, tutto ciò è però anticipato da una premessa: l’elenco non è “impegnativo di possibili indirizzi”.

Le domande, a questo punto, non possono che essere: come si può immaginare di moltiplicare, addirittura in modo esponenziale – giungendo al citato 29% - la quota della Mobilità lenta se non è previsto che la maggior parte delle misure indicate siano adottate con tempistiche molto ravvicinate (parecchio prima, quindi, della comparsa della RttL)? Si ritiene, forse, che con infrastrutture finalmente all’altezza (?) le abitudini della popolazione abbiano qualche probabilità di cambiare all’istante?

 

7. La tormentata storia dei percorsi ciclabili del Luganese 

Al ritardo storico che il Luganese si ritrova a dover affrontare per quanto riguarda la mobilità ciclistica si è più volte cercato di porre (un almeno parziale) rimedio. Questo a partire dal 1994, quando una rete continua e sicura di percorsi ciclabili era prevista quale misura (PTL) accompagnatoria alla galleria Vedeggio-Cassarate. Per spingere i progetti mai attuati, con l’iniziativa “Lugano a misura di bicicletta” erano poi state consegnate nel 2011 alla cancelleria cittadina ben 3625 firme. Accolta dal Consiglio comunale, l’iniziativa era stata sostenuta con un credito di 8,75 milioni. PRO VELO Ticino, pur precisando che fossero necessari provvedimenti più incisivi, aveva al momento ritenuto che la strada imboccata fosse quella giusta: nel 2013 titolava infatti un proprio comunicato stampa “Dal 2016 a Lugano si pedalerà più sicuri. (…) Siamo a una svolta, anche se le misure approvate restano insufficienti”. 

 

8. Qualche (modesta) pedalata nella giusta direzione

Certo, rispetto al nulla degli anni precedenti qualche colpo di pedale è stato successivamente impresso nella giusta direzione. La parte urbanizzata in pianura a sud-est della città, dagli interventi messi in cantiere, ha infatti tratto innegabili benefici: Cassarate e Viganello, oltre che attraverso il (mini) tratto di ciclopista lungo il fiume, le zone 30 e le direttrici accessibili solo ai bus e alle bici hanno visto aumentare notevolmente la sicurezza e l’agio dei ciclisti. Incrementandone così anche visibilmente il numero. Anche Pregassona alta e Davesco, con la realizzazione della ciclo-pedonale sull’ex sedime ferroviario, e Cadro con la successiva costruzione del Ponte Cossio, hanno tratto un indubbio vantaggio dalle nuove infrastrutture.

Percorsi adatti a una mobilità non motorizzata che però sono stati poi penalizzati dalle scelte fatte al di là del Cassarate in direzione del centro città. La concessione, su Viale Cattaneo, della svolta a sinistra verso il Lungolago non ha infatti reso più complicata la percorrenza solo ai mezzi pubblici. Ha diminuito anche la sicurezza e l’agio di chi pedala. Come d’altra parte era già capitato anche altrove: basti considerare, quale piccolo esempio, la soppressione della corsia ciclabile sul tratto in salita di Via Zurigo…

È anche vero che queste scelte sono poi in parte state compensate da quelle coraggiose del sindaco Borradori che - seppur con provvedimenti annunciati nel periodo pandemico prudentemente come temporanei - diede seguito a due richieste di PRO VELO Ticino: quella di istituire un limite di velocità di 30 km/h su parte del Lungolago e, poco dopo, la percorribilità per le bici di buona parte delle corsie del bus. Contrariamente a quanto temuto, nessuno ha poi mai contestato queste misure. Né i responsabili dei mezzi pubblici cittadini, né gli automobilisti, probabilmente consapevoli che se non si vuole chiudere il Lungolago al traffico motorizzato, bisogna comunque concedere alla “mobilità dolce” di poterne usufruire con meno insidie e con un po’ più di agio. 

Va naturalmente aggiunto che il parziale miglioramento nella parte in pianura a sud-est della città non ha trovato riscontri né nella parte nord (ad esempio, come descritto, lungo il Cassarate) né in quella collinare a est né - a maggior ragione - nella parte collinare a ovest, intorno alla stazione. 

 

9. Gli interventi prospettati dal PAL 5 e la “Strategia bici orizzonte 2045” del Cantone

Alla lettura del rapporto PAL 5 l’impressione che si ricava, per quanto riguarda la mobilità ciclistica, è che buona parte della progettualità sia “rifilata” alla “Strategia bici orizzonte 2045” del Cantone. Nonostante si sia in presenza di una situazione che richiede un deciso cambio di rotta, le misure prospettate e le “prese a carico” annunciate - salvo quelle nell’orbita del tram-treno - sono ben poche. E anche queste ultime, come esemplificato a p. 5 di questo testo a proposito della RttL, sono proposte in modo tutt’altro che incisivo.

 

10. Alcune misure di “pronto intervento” in città per spianare la strada a una diversa ripartizione modale della mobilità

Se l’ambizione nell’agglomerato è veramente quella di invertire le tendenze delle quote modali della mobilità, alcune scelte possibili - anche a breve e con costi relativamente contenuti - ci sarebbero. Oltre a quelle “rimaste nel cassetto” dei precedenti programmi, anticipando, ad esempio, proprio quelle prospettate in priorità B a p. 167 delle schede.

Altre, sempre con costi ridotti, potrebbero fungere da efficace “apripista” alle realizzazioni più impegnative. Darebbero inoltre un seguito a ciò che si ha avuto il coraggio di fare sul Lungolago, in Via Magatti e in Via della Posta: alla base di questi interventi non può che esserci, a sud di Via Balestra, una “zona 30” generalizzata in tutto il centro cittadino. Oltre a dare maggior agio alla mobilità dolce in generale, il provvedimento porrebbe in tutto il comparto il TIM nella posizione “di ospite”, a cui è sì concessa la percorrenza delle strade ma in un contesto dove non si troverebbe in posizione prioritaria. Questa “cintura” a 30 km/h consentirebbe anche, a chi pedala, di raggiungere con maggiore sicurezza buona parte delle direttrici “protette” al di fuori del centro cittadino.

Si tratterebbe, quindi - più che di intervenire, come annunciato, in stradine periferiche poco frequentate - di adottare la misura in Viale Cattaneo, Corso Pestalozzi, Via Pioda, Via Pretorio, Corso Elvezia (a sud di Via Balestra) e naturalmente in tutte le traverse tra queste vie. Verso est ciò permetterebbe di raggiungere – oltre che il più importante centro scolastico del Luganese - la pista ciclabile lungo il Cassarate e le corsie di Viale Castagnola (nonché il percorso che parte da Via Lucchini); verso sud-ovest la ciclabile - finalmente decente - che sarà realizzata a partire dal Lac in direzione di Paradiso.

Per la direttrice verso nord si tratta di dare un seguito al provvedimento creando le condizioni per proseguire dalla corsia del bus di Via Pretorio. Le opzioni sono due: riconfigurare Viale Franscini con la creazione di una corsia ciclabile in senso contrario (con un piccolo esproprio in vicinanza dell’incrocio con Via Balestra?) o, come ora, indicare una svolta su Via Bossi. Ciò richiede però anche un intervento sulla successiva Via Pioda: va, cioè, ricavato un breve tratto di corsia ciclabile per raggiungere una “casa avanzata” davanti al semaforo, che ai ciclisti – se presenti – potrebbe concedere una partenza anticipata.

Uno spazio condiviso con la vicina fermata del bus all’inizio di Via Maderno sarebbe in grado, come prima opzione, di favorire la successiva svolta a destra in Via Greina per raggiungere la corsia ciclabile in Corso Elvezia. La seconda opzione – ben più funzionale se la scelta iniziale è quella di Via Pioda/Via Maderno - darebbe seguito a quanto prospettato nella citata p.167 delle Schede o a p.142 del RdC: un declassamento di Via Maderno e della successiva Via Bagutti con una corsia del bus condivisa con le bici e una sola corsia per le auto (la svolta a destra su Via Zurigo, per queste ultime, potrebbe essere anticipata su Via Buffi).

 

11. Alcune misure fuori dal centro città

Come tutti sappiamo non si tratta solo di uscire dal centro cittadino o di entrarvi: per favorire - come si fa altrove - l’utilizzo della bicicletta vanno garantiti più agio e più sicurezza anche nelle zone residenziali fuori città. Questo creando soprattutto percorsi continui e competitivi rispetto alla mobilità motorizzata.

Un modo per farlo vicino al centro è quello di realizzare due nuovi ponti ciclo-pedonali sul Cassarate: quello citato che avrebbe già dovuto essere operativo presso le Medie di Viganello, e quello che sostituisce più a valle - tra Via Speranza e Via Fusoni - l’angusto ponte pedonale posizionato più a ridosso dell’Ospedale italiano.

Questi due ponti permetterebbero di collegare su strade di quartiere le due parti della città divise dal fiume, la zona universitaria e i quartieri posizionati a nord. Per beneficiarne al meglio, un intervento strategico è quello di finalmente attrezzare e allargare il percorso a nord di Via Fola (con qualche piccolo esproprio e anticipando i lavori di rinaturazione?). Percorso che, non dimentichiamolo, conduce (e condurrà in modo sempre più importante) anche a gran parte degli impianti sportivi della città.

 

12. Il comparto stazione

La chiave di volta del comparto Stazione di Lugano dovrebbe essere una decisa accelerazione nella progettazione e nella realizzazione dell’anello viario tra Via Maraini e il Parco Tassino. Sul “tetto” della strada verso Loreto (a ovest della ferrovia) troverebbe così finalmente posto, dando continuità a Via Basilea, anche una ciclabile nord-sud. I lavori di quest’ultima, con uno scavo preliminare (una piccola trincea) lungo la ferrovia all’entrata sud di Via Tassino potrebbero essere addirittura anticipati, assicurando così anche da sud il collegamento con la prevista Funicolare degli Angioli.   

Con l’apertura del tunnel Genzana si otterrebbe però anche un altro risultato: diventando infatti inutili alcune necessità di svolta e le relative corsie di preselezione per il traffico motorizzato, in Via San Gottardo si libererebbe spazio anche per l’inserimento delle corsie ciclabili; ciò consentirebbe - attraverso il “Ferro di cavallo” e, in contro-mano, da Via Cantonale - di giungere finalmente in stazione dal centro. Le corsie ciclabili nell’attuale tunnel di Besso creerebbero inoltre un collegamento tra le due parti della città separate dalla ferrovia (e dalla soppressione del passaggio a livello).

 

13. Gli accessi all’agglomerato

Il previsto accesso alla stazione di Lugano da Massagno - dove peraltro con il 30 km/h generalizzato si è data una bella spinta alla mobilità dolce – e la prospettata Porta ovest, comprensiva delle sue vie ciclabili, aprono scenari interessanti in tutto il comparto. Una delle misure che potrebbe anticipare e articolare (oltretutto con un costo molto ridotto) gli accessi alla città da ovest è quella di ridisegnare il campo stradale della Crespera.

Se ora, per il traffico motorizzato in provenienza da Bioggio, la salita è caratterizzata dalla presenza di due corsie del tutto inutili (lo “stradone” risale all’epoca precedente alla realizzazione della Vedeggio-Cassarate), posticipandole a monte si ricaverebbe un accesso alla zona alta della città molto prezioso per la mobilità ciclistica. Vi troverebbero infatti posto corsie o percorsi ciclabili su entrambi i lati.

L’ampia corsia in discesa sarebbe accompagnata da quella in salita solo fino a metà dove un sentiero asfaltato, ora perfettamente percorribile, svolta a destra e ricalca la vecchia strada in dadi della Crespera (quella, con un tornante, del Campionato del mondo di Coppi). Con qualche aggiustamento, salendo attraverso una strada di quartiere, questo percorso permetterebbe di rimuovere, liberando spazio, parte della corsia in salita.

 

14. Il Ponte di Spada e gli scenari che si aprono

Non menzionata nel documento del PAL 5, la realizzazione del Ponte di Spada riveste un’importanza strategica e apre scenari interessanti per tutta la regione. Per questo motivo meritava senz’altro di essere tematizzata. A parte alcuni sentieri a dir poco angusti, si tratta infatti dell’unico collegamento della Valle del Cassarate dopo quelli della pianura e prima di quell’altro, disperso nell’alta valle, di Curtina. Anche per questo non avrà una valenza unicamente turistica e ricreativa.

Il Ponte di Spada apre infatti prospettive interessanti su più fronti, e in particolare per il versante orientale della valle, quello luganese. Esso consente agli abitanti di Sonvico e di Dino l’accesso in bicicletta ai commerci, a vari servizi e alla piscina di Tesserete (importante anche per i bambini delle scuole). Permette inoltre di raggiungere in bici (elettrica…), attraverso Lugaggia, la stazione di Lugano senza dover scendere in pianura.

Auspicabile, con l’aumento del potenziale di utilizzo delle due ciclo-pedonali collegate dal Ponte di Spada, anche un miglioramento della qualità dei suoi accessi, sia a Dino che a Canobbio. Il percorso ad anello che verrà a crearsi con i progetti in corso ne dovrebbe ovviamente esserne un ulteriore motivo.

A Canobbio, a nord della rotonda, l’ultimo tratto visibile del sedime del tram era stato escluso nei progetti della ciclabile anche perché i costi previsti (mezzo chilometro più in su) per il ripristino del ponte sopra la fermata Ganna del bus erano stati considerati eccessivi. Una rinuncia che aveva fatto discutere. La parte di ponte che resta, poiché pericolante, nel frattempo è stata restaurata. Ristabilendo il collegamento con una passerella - come si è fatto in un paio di ponti più a nord - si renderebbe il tracciato ben più agevole (eliminando un difficile tratto in salita) e meno insidioso (sostituendo così un marciapiede ciclo-pedonale con uscite di strade di quartiere).

Sull’altro versante della valle, in uscita da Dino, il percorso (Stràda da Tesseré) che conduce al Ponte di Spada presenta una valletta con ripide salite sui due versanti. Se, come sembra, non si vuole realizzare un piccolo ponte ciclabile, che almeno si rialzi di una decina di metri l’attuale terrapieno sul ruscello in modo attenuare le pendenze delle rampe ai lati.

 

15. La ciclopedonale Paradiso-Melide

Una delle “buone notizie” che giungono dal PAL 5 è che il collegamento ciclopedonale Melide-Paradiso figura nella scheda ML 4.6 nelle priorità A (2028-2031). La classificazione, nonostante i ritardi già accumulati, non risultava scontata. Le divergenze con il Cantone, in merito alle caratteristiche e ai requisiti dell’opera, non inducevano infatti all’ottimismo. Le conseguenti dichiarazioni pubbliche di fine aprile del presidente della CRTL Filippo Lombardi (“non si farà”) ancora meno.

Anche le cifre poi citate dallo stesso Lombardi (“fino ad oltre 50 milioni”) non sembrano avere molto a e fare con quelle riportate sulla Scheda (34,2 mio.). Ciò pone naturalmente anche interrogativi più generali: le previsioni di costo del PAL sono da considerarsi attuali e affidabili o nascono già vecchie?

Un altro segnale sembra lanciarlo Paradiso: perché per i parcheggi che devono essere smantellati per far posto alla ciclopedonale (operazione piuttosto semplice) si menziona un orizzonte temporale (“2028-31 o 2032-35”) eventualmente superiore a quello della passerella? Si ritiene la collocazione in priorità A poco credibile?

Lasciando “à coté” tempistiche e disaccordi, merita di essere ribadito che per la “mobilità attiva” quest’infrastruttura realizza finalmente un accesso diretto da sud - che manca - a una delle 10 città più popolate della Svizzera. Ciò che peraltro la renderà anche conforme alla nuova Legge federale sulle vie ciclabili.

L’opera - oltre ad aggiungere alla “mobilità dolce” del distretto e a quella cantonale un tassello fondamentale - può diventare anche un prezioso biglietto da visita turistico. Sul fronte pedestre, oltretutto, darà continuità a un percorso che inizia a Gandria, giungerà a Maroggia quasi interamente a lago e, con l’eventuale concretizzazione di alcuni progetti in corso, pure a Capolago! Anche per questi motivi è auspicabile che la passerella sia realizzata con le dimensioni previste dal Cantone e – perché no – con un eventuale contributo speciale, per assecondare queste migliorie, dei Comuni di Paradiso e di Melide (o, come annunciato, di un privato), tra i grandi beneficiari.

L’attuale strada cantonale, sinuosa, sprovvista di marciapiedi e con un limite di velocità di 80 km/h è – per chi la percorre in bici – tra le più pericolose e disagevoli a livello nazionale. Verosimilmente gran parte della potenziale utenza rinuncia ad affrontarla proprio a causa delle insidie che presenta.

In attesa della realizzazione della passerella, l’attuale limite di velocità non è più, quindi, tollerabile! Un mancato provvedimento al riguardo squalifica ogni (presunta) politica, riguardante la sicurezza, del Cantone. A riprova dell’orientamento di quest’ultimo, la risposta a un’interrogazione in Gran Consiglio, tutta protesa a sottolineare quanto un limite di velocità che considerasse anche gli altri (temerari) utenti della direttrice fosse “penalizzante” per il traffico motorizzato. E questo nonostante la presenza dell’autostrada a poca distanza.

 

16. L’attuale linea di collina

PRO VELO Ticino sostiene anche un altro importante progetto di portata regionale presente nel PAL, la ciclabile sull’attuale linea ferroviaria “di collina”. Ritiene infatti che realizzare un accesso da ovest alla stazione di Lugano e al polo urbano sia imprescindibile, e indiscutibilmente più importante del mantenimento della linea FLP per i casi di manutenzione o di incidente in galleria della futura linea del tram-treno. Attualmente le condizioni minime di sicurezza e di agio, in questo comparto, ai ciclisti non sono infatti date.

La possibilità di accedere alla stazione in bicicletta – soprattutto elettrica - da Bioggio, da Agno (attraverso la Piodella), da Collina d’Oro, da Sorengo, da Muzzano e dalle diverse frazioni in prossimità del percorso non può che costituire un importante incentivo alla “mobilità dolce” e un efficace freno a quella motorizzata. Questo ancora maggiormente in proiezione futura, quando un veloce accesso al centro città sarà facilitato anche da altri vettori, con la possibilità quindi di parcheggiare la bici (o il monopattino) in stazione.

 

17. I percorsi del Malcantone

Se la classificazione in priorità A della Melide-Paradiso è una “buona notizia”, quella della “retrocessione” in B della passerella a lago tra Caslano e Ponte Tresa è invece pessima. Del grande disagio dei ciclisti nell’affrontare il tratto di cantonale dal passaggio a livello a Caslano all’entrata nel paese si parla ormai da parecchio tempo (si era anche ipotizzato l’uso del marciapiede, poi bocciato dal Comune). Da quasi altrettanto tempo si propongono progetti di ciclopedonale a lago che non si concretizzano. Far slittare ulteriormente la realizzazione dell’infrastruttura, dato che non offre alternative - se non lontane, a monte - pone una pesante ipoteca sulla “ciclabilità” di tutto il comparto.

Questa non riceve che un sollievo ridotto dalla collocazione in priorità A del successivo percorso lungo la Tresa. Se infatti da una parte la realizzazione andrà indubbiamente salutata con favore, dall’altra non può che veder in buona parte compromessi i suoi “atout” dalla procrastinata realizzazione della passerella. Il percorso lungo la Tresa “consente” inoltre al Cantone di rimandare, ancora per lungo tempo, la messa in cantiere del ponte Lisora, in grado di collegare i villaggi della collina tra Ponte Tresa, Sessa, e la dogana Cassinone/Palone. Un tracciato di grande pregio e con un importante valore aggiunto turistico ed escursionistico tra il Ceresio e il Lago Maggiore.

 

18. Gli altri percorsi in agenda

Anche per le altre realizzazioni programmate, per lo più di portata modesta (visto che si tratta in buona parte di aggiustamenti su strade già esistenti) delude la frequente collocazione in priorità B. Visto che l’iter progettuale dovrebbe essere quasi sempre pressoché privo di complicazioni, non si può che auspicare un’accelerazione nella loro programmazione.

Il tracciato nazionale n. 3, ad esempio, assomiglia in più tratti della Valle del Vedeggio maggiormente a un percorso per MTB che a una dignitosa via ciclabile. Come per il tratto di Via D’Argine a Bedano, dove su sollecitazione di PV Ticino è stata realizzata una sua pavimentazione e sistemazione, il percorso nazionale non presenta, in buona parte, ostacoli significativi. Così come non li presentano, a Manno, la realizzazione di un importante collegamento con Via Violino (attraverso un mini-passaggio a livello per le bici) o a Bioggio la demarcazione di corsie ciclabili (eliminando quella centrale) su Via Industria.

Diverse misure nella Valle del Vedeggio - come altre già finanziate - avrebbero dovuto essere attuate già nel 2020: un esempio è il ponte sul percorso ciclo-pedonale “di collina” tra Sigirino e Mezzovico, un collegamento strategico tra i villaggi del versante destro.

 

19. Conclusione

Per una città – l’unica a livello nazionale - che non è stata considerata degna di meritare un collegamento di SvizzeraMobile, un cambio di passo avrebbe dovuto costituire, come più volte ripetuto, un postulato guida.

La strategia d’intervento non può limitarsi – anche se sono iniziative di per sé lodevoli - alla demarcazione di alcune corsie ciclabili, ai diversi semafori dedicati e alla posa di una grande quantità di cartelli indicatori, collocati pure sulle grandi direttrici più trafficate. Richiede invece scelte di campo, creazione di spazi e interventi infrastrutturali.

Uno dei pochi provvedimenti strategici programmati con tempistiche ravvicinate e definite è invece quello di adottare - come l’ARE ha richiesto con particolare insistenza - misure in vicinanza delle fermate del TP.

Se è vero che più progetti sono assunti nei prossimi anni dal Cantone, a maggior ragione sarebbe stato auspicabile, in particolare nel comparto cittadino, integrarli con misure chiare - specialmente di contenimento del TIM – in grado di spianare la strada a forme di mobilità più sostenibile in tutto l’agglomerato.

Misure che – se efficaci – renderebbero non di attualità la realizzazione del PoLuMe, liberando così una considerevole quantità di risorse, preziose anche per implementare altre “forme” di mobilità.

Per trarre esempi di queste “forme” basterebbe, da parte dei responsabili della mobilità dell’agglomerato, una “gita scolastica” a scelta in uno dei contesti urbani della Svizzera. O anche dell’Europa, dove nell’ultimo decennio si è potuto assistere, in un numero crescente di agglomerati, a un deciso “cambio di paradigma”. Ma non solo: una generale attenzione a una mobilità meno invasiva si trova infatti ormai anche negli altri Continenti. In quasi tutte le maggiori città sudamericane, ad esempio, le infrastrutture per la mobilità ciclistica sono di gran lunga più sviluppate che a Lugano.

O forse basterebbe semplicemente dare un’occhiata alle diverse realizzazioni e ai PA recentemente presentati dagli altri agglomerati del Cantone dove per la mobilità è chiaramente prevista un’altra impostazione.

 

Redazione: Marco Vitali, ottobre 2024